Movimenti di protesta e pro-democrazia, insieme a comuni cittadini, hanno trovato nel nuovo social Clubhouse una finestra per discutere apertamente. Ma anche i governi se ne sono presto resi conto. I casi di Cina, Tailandia e Iran
Il legame tra i social media e i movimenti di protesta è emerso in modo evidente dieci anni fa, durante la Primavera Araba. Allora, erano Facebook e Twitter i canali utilizzati dai movimenti di protesta e dai giornalisti indipendenti. Oggi, il nuovo social di punta, Clubhouse, sembra offrire un nuovo spazio “protetto” (ma questo è ancora da verificare) per discutere di temi proibiti dai regimi autoritari. Almeno finché, com’è già accaduto in Cina, i governi non decideranno di bloccarlo.
La Cina blocca Clubhouse
Di per sé non è una notizia eclatante, dal momento che il governo cinese ha sempre bloccato sistematicamente tutti i social, oltre a moltissimi siti web. Lo stop di Clubhouse è avvenuto a inizio febbraio, mettendo fine a quella che molti utenti avevano visto come una rara opportunità di parlare di argomenti censurati nel Paese. Fino a quando, senza alcun preavviso, non è stato più possibile accedere all’app. La presenza di un canale non sottoposto alla censura, dunque, in Cina ha avuto vita breve. Intanto, in questo ridotto lasso di tempo, le persone hanno potuto ascoltare liberamente versioni molto diverse da quella ufficiale su un tema come quello degli abusi e della repressione della comunità musulmana nella regione dello Xinjiang da parte di Pechino. Racconti in prima persona che forse, in assenza di un social dove vige la parola, orale ed effimera, pochi avrebbero commesso l’azzardo di scrivere altrove. Inoltre – come hanno riportato alcuni testimoni – il dialogo riesce a trasmettere in maniera più immediata, coinvolgente e credibile i fatti.
Clubhouse e i movimenti pro-democrazia in Tailandia
Il timore di esporsi, anche sui social, in un Paese come la Tailandia, dove si può finire in prigione per 15 anni per aver diffamato la monarchia, non è minore rispetto alla Cina. Anche qui, Clubhouse, tra i social, ha fatto sì che gli utenti percepissero un maggiore livello di sicurezza all’interno delle “stanze” di discussione della piattaforma. Per ora, vi si accede solo su invito, e forse il controllo da parte delle autorità è ancora limitato. Si parla inoltre in forma anonima, anche se non è certo detto che non sia possibile risalire alle identità dei partecipanti ai gruppi di discussione. Sta di fatto che Clubhouse è diventato, ed è tuttora, un canale nel quale sono confluiti noti attivisti pro-democrazia e comuni cittadini per parlare della situazione che il Paese sta attraversando lontano da occhi indiscreti. Diversi utenti si aspettano che quanto accaduto in Cina – ovvero il blocco del social network da parte delle autorità – non tarderà a ripetersi in Tailandia. Alcuni ministri hanno già sollevato dubbi sulla sicurezza della piattaforma che, a loro dire, potrebbe essere causa di disinformazione.
La voce del governo iraniano in diretta social su Clubhouse
L’uso di Clubhouse in Iran sta assumendo una dimensione diversa rispetto ai casi precedenti. Secondo quanto riporta Al Jazeera, qui sono i politici a farne uso, aprendo un inaspettato dialogo diretto con i cittadini. Potrebbe sembrare, quindi, un utilizzo democratico del mezzo, in un Paese non di frequente propenso a un confronto aperto. Il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha fatto la sua comparsa in tarda serata affrontando temi come gli accordi sul nucleare con altre potenze mondiali. La stanza virtuale ha raggiunto in pochi istanti il limite massimo consentito di 8mila partecipanti. Tuttavia, alcuni osservatori hanno fatto notare come i giornalisti ammessi si contassero sulle dita di una mano, e come le loro domande non esprimessero certo la volontà di andare a fondo, né abbiano mai sfiorato il rischio di mettere in crisi l’interlocutore. Visto così, il dialogo su Clubhouse non fa altro che riprodurre le stesse modalità utilizzate nei canali tradizionali. D’altronde, anche la nuova piattaforma non è altro che uno strumento: tutto dipende dall’uso che ne viene fatto.