Per l’editoria italiana l’anno si è concluso con numeri incoraggianti. Una fotografia ingannevole se confrontata con il costante calo dei lettori e con la forbice sempre più netta tra chi legge tanto e chi per nulla
Il settore dell’editoria in Italia presenta all’apparenza un curioso paradosso: i dati relativi alla vendita dei libri sono in crescita, ma allo stesso tempo il numero dei lettori è in costante calo. Potremmo spiegare questa incongruenza con una semplice affermazione: chi già leggeva, legge di più. Il che è vero, ma è solo una parte della risposta.
L’incremento delle vendite dei libri
L’editoria, in Italia, vale 1,7 miliardi di euro e rappresenta il terzo business culturale dopo pay tv e cinema. Come in altri Paesi europei, la pandemia ha inoltre impresso al settore un importante slancio (+42% nei primi sei mesi del 2021 rispetto all’anno precedente). Durante il lockdown gli italiani hanno riscoperto le librerie, specialmente quelle indipendenti e di quartiere. Librerie che, da parte loro, hanno mostrato una straordinaria capacità di adattamento alla nuova situazione, inventando spesso soluzioni originali e sfruttando a proprio favore il digitale. Nel complesso, secondo le stime dell’AIE, il mercato del libro italiano nel 2021 ha avuto in incremento compreso tra il 12% e il 16%. Qual è, dunque, il problema?
Il calo del numero dei lettori
Nonostante le incoraggianti immagini restituite dal Salone del Libro di Torino, con i suoi 150mila visitatori, il numero dei lettori in Italia continua a calare. La percentuale di persone che leggono almeno un libro all’anno è pari oggi al 56% (era il 59% nel 2020, 65% nel 2019). Tra l’altro, la fascia d’età che registra il calo più sostenuto è quella dei giovani tra i 15 e i 17 anni. Il fatto è che il pubblico del Salone del Libro è sempre lo stesso: chi già leggeva, legge sempre di più: da qui l’illusione della crescita. Ma i cosiddetti lettori forti (coloro che leggono almeno 1 libro al mese) appartengono a una categoria ben precisa: sono persone con un livello di istruzione elevato, benestanti e con del tempo libero a disposizione. Le persone con titoli di studio inferiori leggono sempre meno, specialmente al Sud.
La sovrapproduzione libraria e la distribuzione nell’editoria italiana
Ma c’è di più. In Italia si pubblicano molti libri: la media è di 70mila volumi all’anno, pari a 190 libri al giorno. Tuttavia, il 97% delle opere non vende più di 500 copie. Ciò significa che gran parte dei libri stampati sono destinati al macero. Gli editori sono consapevoli del fatto che la produzione supera ampiamente la domanda, ma non possono tagliarla, se vogliono restare nel mercato. Il vero business dell’editoria, infatti, non riguarda le vendite, bensì la distribuzione, che è in mano sostanzialmente a due soli gruppi: Ali (al 50% di Mondadori) e Messaggerie. Il 60% del prezzo di copertina va al distributore. E all’editore, tolte tutte le spese, restano le briciole.
Da qui si apre poi tutto un altro capitolo sulle condizioni di lavoro precarie e sulle prestazioni ampiamente sottopagate nel settore editoriale. Al quale si sommano inoltre le nuove modalità introdotte dall’autopubblicazione e la tendenza a proporre ai lettori un consumo letterario sempre più rapido e immediato, emulando la fruizione di altri contenuti digitali. Nell’insieme, quindi, non si può affermare che l’editoria in Italia goda di ottima salute: il sistema è complesso, ma forse ciò che manca è soprattutto una forte educazione e introduzione alla lettura tra i più giovani e nelle scuole.