Lo scontro tra Facebook e il governo dell’Australia sull’obbligo per le piattaforme social di pagare i contenuti provenienti dai siti di news ha aperto scenari inediti di dialogo tra il mondo digital e i media tradizionali
Il rapporto tra media tradizionali e social network è complesso. Siamo in un territorio scivoloso, in buona parte inesplorato e, soprattutto, poco regolamentato. A metterlo in luce in tutta la sua evidenza la recente vicenda che ha contrapposto Facebook e il governo dell’Australia. Conclusasi, almeno per il momento, con un accordo che potrebbe aprire prospettive inedite anche al di fuori dell’Australia (come in realtà sta già accadendo). D’altronde, che le big tech traggano un profitto dalla diffusione delle news è un fatto. Da cui deriva la possibilità per il settore dell’informazione di intravedere un nuovo ambito di sviluppo. Un salvagente per salvarsi da un declino in atto ormai da lungo tempo.
Il News media bargaining code e l’accordo tra Facebook e News Corp
Nel dicembre 2020 il governo australiano ha approvato una legge che costringe i colossi del web ad accordarsi con i media tradizionali e a pagarli per i contenuti pubblicati: il News media bargaining code. La prima reazione di Facebook è stata quella di oscurare tutte le news. Dopodiché, la tensione si è gradualmente allentata e si è giunti a un accordo che potrebbe fare da apripista a un nuovo rapporto tra i social e la stampa. Zuckerberg pagherà News Corp Australia – società di Rupert Murdoch che controlla il 70% dei giornali nazionali, oltre alla rete televisiva Sky News Australia – per i contenuti condivisi. Bisogna anche ricordare che Facebook non è stato il primo a muoversi in questa direzione: Google lo aveva anticipato, stringendo un simile accordo con News Corp un mese prima.
Fecebook verso nuove forme di collaborazione con media e giornalisti
Un’altra notizia diffusa in questi giorni porta a pensare che qualcosa stia cambiando nel rapporto tra media e social network, anche per iniziativa dei social stessi, e non solo in seguito a imposizioni dall’alto. Facebook sta esplorando la possibilità di pagare piccoli gruppi di autori e giornalisti indipendenti per una nuova piattaforma di contenuti. Lo rivela Axios, citando fonti riservate. La piattaforma dovrebbe offrire strumenti per realizzare veri e propri siti web di informazione, oltre a newsletter a pagamento, alle quali gli utenti potranno scegliere se iscriversi. I professionisti dell’informazione potranno pubblicare articoli e contenuti multimediali, come video in diretta, integrate nelle pagine Facebook. L’obiettivo è la creazione di communities attive e fidelizzate, che per i giornalisti stessi costituiranno un pubblico nuovo e rilevante.
Stati Uniti: il ritorno del Journalism Competition Bill
Il caso di Facebook in Australia ha già avuto ripercussioni a livello globale. Ne è un esempio la reintroduzione al Senato e alla Camera dei rappresentanti statunitensi, lo scorso 10 marzo, del Journalism Competition Bill. Il disegno di legge, proposto inizialmente nel 2019, ora ha ottenuto un sostegno bipartisan. Se verrà approvato, consentirà agli editori di stabilire accordi di distribuzione e pagamento con le piattaforme digitali che hanno almeno un miliardo di utenti mensili globali.
Non è detto che accada, poiché Google e Facebook possono contare su lobbies potenti. Comunque sia, è evidente la tendenza a mettere sotto controllo l’operato dei principali protagonisti del web. In questo caso, con un ritorno positivo per il mondo dell’informazione. E con una ricaduta più ampia, considerando che molti utenti si informano tramite i social: la presenza di news ufficiali può rappresentare un contrasto alla diffusione di fake news, rendendo i social un ambiente più “pulito” e affidabile.